Great resignation: “Ma chi me lo fa fare di lavorare?”

Great Resignation

Per molte persone il lavoro è solo causa di stanchezza mentale e fisica.

Alla domanda “Chi me lo fa fare?” la risposta però arriva inesorabile: “Devi guadagnare per vivere”.

Il lavoro in questo modo assume la retorica del ricatto. Se non dedichi un monte ore stabilito ad attività finalizzate al guadagno non puoi vivere.

Concetto che viene declinato in vari modi a seconda della situazione. Ecco alcuni esempi:

  • Se non ti rechi tutti i giorni in un luogo scomodo da raggiungere e ti circondi per 8 ore di colleghi insopportabili non puoi vivere.
  • Se non sopporti le critiche al tuo lavoro fatte da persone gerarchicamente a te superiori non puoi vivere.
  • Se non accetti di dedicarti ad attività spiacevoli non puoi vivere.

E così via… l’avversione al lavoro può prendere varie forme, ma il secondo termine dell’equazione resta sempre “non puoi vivere”.

Esiste un’aggravante a questa condizione, ovvero la possibilità che lo sforzo non sia comunque sufficiente per “vivere”. Purtroppo non è raro incontrare soprattutto giovani che vengono pagati cifre inadatte a conquistare la piena autonomia, a fronte di un impegno lavorativo completo.

In questo caso basta veramente poco per dare le dimissioni.

Il fenomeno della Great Resignation è un fenomeno reso possibile dalla condizione sociale attuale. Siamo la prima generazione che sta peggio dei suoi genitori. Quindi molti stavano meglio quando erano mantenuti rispetto a dopo aver trovato lavoro per mantenersi. Non solo. L’ottimismo di una generazione di padri che risolvevano facilmente la vita ha creato grande ottimismo, trasmesso nei figli sotto forma di concetti corretti nella sostanza ma molto pericolosi.

Per esempio “Tu puoi fare tutto”, “Basta poco per realizzarsi sul lavoro”, “Sei fortunato”.

Le aspettative generate da questa educazione sono state disattese. Non è vero che possiamo fare tutto, non è vero che realizzarsi sul lavoro è facile, e non è vero che siamo fortunati.

Dopo il tradimento delle promesse ce stata la fuga, la Great Resignation.

Per vivere ci sarà sempre bisogno di lavorare, quindi l’unico modo per spezzare la formula del ricatto è cambiare il primo termine dell’equazione. Il lavoro deve riconquistare la sua dimensione reputazionale. Cioè si deve ritrovare l’orgoglio di lavorare. L’investimento personale sul lavoro non deve restituire solo denaro. Deve aiutare chi lavoro a identificare il suo ruolo nella società, invitarlo a essere parte attiva di un’epoca difficile, ma che vale la pena di vivere da protagonisti.

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